La profondità di campo in fotografia
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Accanto al mosso, uno dei valori estetici più specifici della fotografia (e in fondo anche del cinema, che ne discende) è il fuoco, ossia la nitidezza (o meno) degli elementi che compongono un'immagine1.
La profondità di campo ha una valenza espressiva unica. La decisione di cosa portare a fuoco e cos'altro invece tenere sfocato influenza in modo decisivo il risultato finale di un'immagine.
Abbiamo già affrontato questo argomento in una breve pagina dedicata all'importanza della messa a fuoco
La messa a fuoco
La "messa a fuoco" si effettua tradizionalmente spostando la lente2 in avanti o indietro rispetto al piano del sensore (o della pellicola)3.
Si noterà nella pratica che, mettendo a fuoco ad una determinata distanza, anche soggetti a distanze immediatamente inferiori e superiori risulteranno a fuoco.
In linea generale ed in condizioni normali (o meglio ideali), negli apparecchi digitali comuni, mettendo a fuoco un piano la zona di fuoco si estende in profondità per un terzo verso la macchina e due terzi verso il fondo della scena inquadrata, su piani paralleli al sensore, ed è influenzata da due elementi fondamentali:
- l'ingrandimento - maggiore è l'ingrandimento, minore è la profondità di campo
- il diaframma - maggiore è l'apertura del diaframma, minore è la profondità di campo4
Quindi, ad esempio:
- lenti lunghe (che ingrandiscono di più) usate alla massima apertura5 rendono limitate profondità di campo.
- lenti corte (che rendono i soggetti più piccoli) adoperate con diaframmi chiusi permettono di otterere profondità di campo elevate.
- avvicinandosi molto ai soggetti (e quindi ingrandendoli molto) si ottiene una limitata profondità di campo.
- una fotografia piccola (con minore ingrandimento) apparirà più a fuoco di una di maggiori dimensioni.
Scelta decisiva
Occorre sempre decidere, di caso in caso, se concentrare selettivamente il fuoco su una zona ristretta dell'immagine, oppure se cercare di estendere il fuoco a tutta la fotografia.
Fuoco selettivo
Tutto a fuoco
Due considerazioni importanti
- Una limitata profondità di campo è capace di guidare l'attenzione di chi osserva verso alcuni specifici dettagli della scena. Questo fattore può essere determinante per una "lettura" dell'immagine.
- La possibilità di sfocare selettivamente alcune parti dell'immagine può risultare utile nei casi in cui alcuni elementi non vogliono essere chiaramente mostrati, ma solo "fatti intendere".
1 Il concetto di fuoco e sfocatura non esiste in alcuna altra arte visiva (pittura, incisione, disegno,...). ⇑
2 Nel caso di obiettivi complessi si parla di gruppi di lenti. ⇑
3 In linea generale, una lente che dista dal sensore una distanza pari alla sua "lunghezza focale" mette a fuoco l'infinito; aumentando la distanza fra lente e sensore si mettono a fuoco soggetti progressivamente più vicini. Quando la lente si trova ad una distanza doppia della sua lunghezza focale, il soggetto a fuoco sarà alla medesima distanza dalla lente e la sua immagine verrà proiettata sul sensore in grandezza naturale (rapporto 1:1). ⇑
4 Degno di nota è il concetto di iperfocale, ossia quella particolare distanza, dipendente dalla lunghezza focale della lente e dal diaframma impostato, mettendo a fuoco su cui si ottiene una profondità di campo che si estende dalla metà dell'iperfocale all'infinito. In pratica, è la massima profondità di campo ottenibile per una certa lente ed un certo diaframma. ⇑
5 Una "grande" apertura è segnata con numeri piccoli (esempio f/2) mentre aperture "piccole", ossia diaframmi chiusi che fanno passare meno luce, sono segnate con numeri più grandi (esempio f/16). ⇑
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Distanza di messa a fuoco